Confindustria Piemonte: previsioni negative per inizio 2019

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In sofferenza il settore manifatturiero (-0,2% nel periodo luglio-settembre) e sfiducia anche per il futuro a breve termine; bene solo il comparto dei servizi: lo fotografa un’indagine di Confindustria e Unioncamere Piemonte. Nessuna variazione, per ora, a livello di occupazione.

Ravanelli (Confindustria Piemonte) e Gallina (Unioncamere Piemonte)
Gallina (Unioncamere Piemonte) e Ravanelli (Confindustria Piemonte)

Dati economici negativi per l’industria piemontese nell’ultimo trimestre 2018 e fiducia ancora in calo nelle previsioni di inizio 2019: così Confindustria Piemonte fotografa una situazione tendenzialmente negativa per quanto riguarda la congiuntura economica regionale, con la sola eccezione del comparto dei servizi.

Per il terzo trimestre consecutivo le attese su produzione, ordini e occupazione peggiorano e i saldi ottimisti-pessimisti su produzione e ordini ritornano su valori negativi dopo 15 trimestri -fanno sapere da Confindustria, nel rendere noti i dati dell’indagine realizzata ogni tre mesi in collaborazione con Unioncamere Piemonte, Intesa Sanpaolo e UniCreditNei servizi, al contrario, il clima di fiducia rimane espansivo, con indicatori attestati su valori positivi e in linea con quelli dei trimestri scorsi. Con ogni probabilità, la asincronia tra i due comparti è dovuta alla diversa struttura temporale del carnet ordini: in quest’ultimo caso, infatti, un terzo delle imprese ha ordini per oltre sei mesi, mentre nell’industria gli ordini sono generalmente a più breve periodo“. 

Negative, in particolare, le previsioni per la Provincia di Cuneo (insieme a quelle di Asti e Verbania), dove gli indicatori peggiorano sensibilmente rispetto ai mesi scorsi.
Nel torinese, invece, il clima di fiducia è decisamente cauto e prevalgono, sia pure di poco, previsioni di contrazione di ordini e produzione. 

Il raffreddamento del clima di fiducia è particolarmente marcato nel comparto dei macchinari e apparecchi, che nei mesi scorsi era stato uno dei settori portanti della ripresa. Peggiorano la chimica e il tessile, con previsioni negative e l’alimentare registra la consueta flessione stagionale dopo il picco delle festività natalizie. Restano negative le attese per edilizia e impiantisti. L’automotive fa storia a sé, ma nel complesso le imprese prevedono una sostanziale stabilità dei livelli di produzione e ordini“, proseguono gli industriali piemontesi. 

Per l’industria, comunque, non è solo questione di un calo di fiducia, ma i primi segnali negativi iniziano ad arrivare anche nei dati a consuntivo: nel periodo luglio–settembre 2018 la performance della manifattura regionale, dopo 13 trimestri consecutivi di crescita, ha infatti registrato il primo dato negativo (-0,2%).

In stallo l’export. Stabile su livelli ancora elevati il tasso di utilizzo degli impianti. Frenano in misura sensibile gli investimenti. Nessuna novità sul lato occupazionale, dove da alcuni trimestri le aziende non hanno in programma variazioni della manodopera. Leggero ma significativo aumento del ricorso alla cassa integrazione. 
Si amplia ulteriormente la “forbice” tra piccole e medie imprese, con indicatori di segno opposto per le due tipologie: pessimiste le imprese con meno di 50 addetti, cautamente ottimiste le imprese più grandi -aggiungono i ricercatori- Solo nel comparto dei servizigli indicatori rimangono stabili su livelli decisamente positivi: l’utilizzo delle risorse è stabile al di sopra dell’80%; si rafforzano gli investimenti, il ricorso alla CIG rimane marginale, si irrobustisce l’occupazione“.

Commenta Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte: “L’indagine di dicembre conferma e anzi accentua i timori sulla tenuta dell’economia piemontese. Dopo quasi quattro anni il ciclo espansivo dell’industria manifatturiera sembra essersi concluso. Queste valutazioni non stupiscono dato il rapido, marcato peggioramento dello scenario complessivo in questi ultimi mesi. Ricordo l’effetto anche psicologico di interventi di politica economica incoerenti o dannosi e di un clima politico apertamente anti-industriale e contrario alla crescita”.