In occasione delle due mostre che ha allestito per la rassegna Viverbe, il Carmagnolese ha intervistato il pancalierese Franco Senestro.

Due esposizioni che approfondiscono la storia di Pancalieri, le sue radici e i suoi scorci: il pancalierese Franco Senestro, in occasione della 44ª edizione di Viverbe, allestisce alla chiesa dei Frati la mostra itinerante “Storia di un bambino nato durante il fascismo” e la mostra “Scorci fotografici di vita contadina pancalierese del dopoguerra”, attingendo dall’archivio di foto d’epoca che ha digitalizzato e diffuso tramite il suo blog La Bottega del ciabattino.
Qual è il suo rapporto con Pancalieri?
Sono legatissimo a Pancalieri, qui ho le mie radici, e la mia famiglia è qui già dal 1600.
Cerco di utilizzare tutti i mezzi che ho a disposizione per valorizzare Pancalieri anche al di fuori della sua zona. Sono stato presidente della Pro Loco per sei anni e in seguito con il mio archivio la Bottega del Ciabattino, ma già prima insieme a mio padre, organizzo mostre nel territorio. Insomma, ho sempre cercato di far conoscere i pancalieresi e Pancalieri.
Secondo lei qual è l’importanza di condividere e diffondere queste fotografie, che raccontano le radici di molte famiglie del territorio?
Uno dei miei sogni, partendo da Pancalieri, è quello di far conoscere ai giovani la storia dei settantenni e ottantenni di oggi. Molto spesso i giovani di Pancalieri incontrano un anziano e non ne conoscono la storia, non sanno se questa persona è stata parte attiva della comunità del paese, se ha organizzato delle attività: secondo me risiede qui l’importanza di conoscere queste persone. Io cerco di diffondere il più possibile il mio archivio fotografico, che parte dal 1959, quando mio padre ha cominciato a fare fotografie, proprio per far sì che gli anziani si ritrovino in queste foto e che i giovani comincino a vedere e comprendere chi c’è dietro quelle figure e che cosa hanno fanno.
Riguardo la mostra itinerante “Storia di un bambino nato durante il fascismo”, a suo avviso queste testimonianze fotografiche possono essere d’aiuto per i più giovani a comprendere il significato della Liberazione?
Ho voluto organizzare una mostra un po’ particolare per i giorni della Liberazione con l’intento di ricordare soprattutto da che cosa ci hanno liberati i partigiani, da che cosa ci siamo liberati. Credo che sia stato un errore storico il fatto che negli anni si sia enfatizzata la lotta di resistenza, senza raccontare ciò che era successo prima e il motivo per cui questa lotta di resistenza c’è stata. Ritengo che sia importante che la gente sappia qual era la quotidianità dei ragazzi di quell’epoca, come si viveva, cosa è successo e perché si è diventati antifascisti, altrimenti si rischia di arrivare a pensare che in quel periodo si stesse bene e che la dittatura fascista abbia avuto anche dei lati positivi. Spesso si dimentica che si è diventati antifascisti non per un discorso puramente politico, ma perché dopo 20 anni il regime aveva causato morte e povertà.
Suo padre ha fatto un enorme regalo a tutti noi e a lei con le sue foto, qual è l’obiettivo dietro l’archivio La bottega del ciabattino?
È cominciato tutto da mio padre: il nome del mio blog prende spunto dalla bottega in cui lui lavorava, che, tra l’altro, nel periodo della guerra di liberazione era utilizzata come base per i partigiani per nascondere armi, portare documenti e altro. Ho cominciato anni fa a digitalizzare l’archivio di mio padre e ad arricchirlo, utilizzando internet e i social media con l’obiettivo di diffondere queste pillole di conoscenza, di storia locale e del movimento partigiano, gratuitamente: a me basta che la gente veda le fotografie e comprenda il periodo storico in cui queste sono state scattate.














































