Presidio davanti all’ex Ilva di Racconigi, il 52% della forza lavoro in cassa integrazione

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Dopo l’incendio dello scorso 7 maggio all’altoforno 1 dello stabilimento di Taranto, l’ex Ilva (Acciaierie d’Italia) ha deciso di ricorrere alla cassa integrazione per oltre 3.900 lavoratori in tutta Italia, di cui 45 impiegati nello stabilimento di Racconigi.

Uno scatto del presidio organizzato ieri dalla Fiom Cgil davanti allo stabilimento dell’ex Ilva (Acciaierie d’Italia) a Racconigi

Nella giornata di ieri i lavoratori dell’ex Ilva (Acciaierie d’Italia) di Racconigi hanno presidiato i cancelli dello stabilimento, per protestare contro la decisione dell’azienda di ricorrere alla cassa integrazione per 45 di loro, 52% della forza lavoro, dopo l’incendio dello scorso 7 maggio che aveva danneggiato l’altoforno 1 dello stabilimento di Taranto.

Il presidio è stato organizzato dalla Fiom Cgil: “Riteniamo non ricevibile un atteggiamento aziendale che, anche in questa fase, affronta i problemi facendone pagare il prezzo alle persone che lavorano”, hanno spiegato dal sindacato.

Uno striscione appeso ai cancelli dello stabilimento durante il presidio di ieri: “I problemi dell’Ilva li pagano i lavoratori”

Dal punto di vista produttivo, lo spegnimento dell’altoforno di Taranto non ha un impatto diretto e immediato sulla produzione dello stabilimento di Racconigi. Per questo motivo, l’adozione immediata della cassa integrazione anche a Racconigi – e per numeri così elevati – risulta priva di giustificazione sotto il profilo produttivo“, spiega Alessio Bubba delegato sindacale Fiom e dipendente di Acciaierie d’italia.

Con questo presidio il nostro obiettivo, oltre a protestare per l’elevato numero di cassintegrati, non coerente con i carichi di lavoro attuali, era quello di sensibilizzare le forze politiche, al fine di convocare un tavolo di confronto a livello regionale e poi nazionale, per capire come salvaguardare tutti questi posti di lavoro“, conclude Domenico Calabrese,  segretario provinciale Fiom Cgil.

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