In fuga dalla guerra in Ucraina, accolte a Carmagnola

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Tre donne e i loro figli, in fuga dall’Ucraina, sono da alcuni giorni ospiti a Carmagnola. Il Carmagnolese le ha incontrate: “una guerra assurda, i russi sono come nostri fratelli”.

ucraina carmagnola
Le tre donne di origine ucraina che da alcuni giorni sono ospiti, con i loro figli, nella struttura messa a disposizione dal Comune di Carmagnola

Irina, Polina e Svetlana. Tre giovani donne di origine ucraina, rispettivamente di 35, 37 e 47 anni. Tre donne costrette ad abbandonare il proprio Paese, non per loro volontà ma per scelte di uomini al potere; ognuna con una propria vita, una storia personale, con parenti e una propria famiglia rimasta in Ucraina.

Grazie all’aiuto di altri cittadini sono riuscite a giungere ai confini con la Polonia per poi intraprendere il viaggio verso l’Italia, dove sono state accolte all’interno della struttura comunale di piazza Berti, messa a disposizione dall’Amministrazione carmagnolese.

«Abbiamo trovato grande accoglienza e un forte spirito solidale -dichiarano- In particolare, Carmagnola è stata fortemente attiva nel fornirci aiuti e sostegno».

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Sono tre mamme che -per il bene dei propri figli di 5, 8 e 9 anni– sono scappate dal loro Paese natale per evitare le bombe, per scampare alla morte, lasciando affetti. E ora, quotidianamente, vivono in apprensione per la vita dei propri cari.

«Le istituzioni si sono rivelate presenti e collaborative, così come lo sono state le scuole che hanno accolto i bambini con gioia e commozione, fornendo i grembiuli e il materiale scolastico occorrente», raccontano. Il diritto all’istruzione non può essere negato: i ragazzi sono stati infatti inseriti nelle scuole del territorio, all’Asilo Ronco e nella scuola primaria del Terzo Comprensivo.

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Grazie agli strumenti di comunicazione globale, Irina, Polina e Svetlana riescono ad avere contatti con le famiglie rimaste a vivere l’orrore della guerra, sperando ogni giorno che quella nuova bomba di cui i notiziari parlano non sia fatale per le persone amate.

«Siamo partite per poter continuare a vivere, lasciando mariti che ora si trovano a resistere in un clima di tragedia, di distruzione, di violenza e di paura, con l’impossibilità di poterci raggiungere perché, avendo un’età compresa tra 18 e 60 anni, potrebbero essere chiamati ad arruolarsi», proseguono.

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Sono donne che forse, se non avessero avuto figli da proteggere, avrebbero deciso di stare accanto ai propri mariti e ora si troverebbero ancora “a casa loro”. La loro storia è la storia di milioni di persone che non hanno colpa, se non quella di essersi trovate nel posto sbagliato a pagare decisioni di altri uomini.

Si tratta di persone da un momento all’altro catapultate in un una nuova macabra realtà, obbligate a rinunciare alla vita “normale” che meno di un mese fa conducevano, una vita fatta di lavoro, di famiglia e di amicizie.

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Irina, Polina e Svetlana sono a conoscenza delle atrocità che si stanno consumando in territorio ucraino, dove i civili perdono la vita semplicemente mentre cercano di trovare del cibo o dell’acqua.

Queste giovani donne testimoniano, rappresentando la Comunità ucraina, l’estraneità nei confronti di scelte politiche che in un attimo temporale hanno annientato le loro certezze. «L’odio, che fa da padrone in guerra, non ci appartiene e riteniamo i cittadini russi stretti vicini di casa, nostri fratelli -sottolineano- Allo stesso tempo, però, non dimentichiamo che l’Ucraina è uno Stato dotato di una propria identità, lingua, modo di vivere, usanze e costumi caratteristici che, secondo altri, dovrebbero venire meno».

Gli avvenimenti che coinvolgono il mondo sembrano sempre lontani: oggi,invece, ciò che sta accadendo in Ucraina -a poco più di duemila chilometri di distanza da Carmagnola- rappresenta una ferita lancinante, che entra nell’anima e che nessuno, neanche il tempo, potrà cancellare. «Anche quando non ci saranno più esplosioni e morti non si potranno dimenticare la sofferenza e la paura di ciò che è stato e rimarrà scritto nella Storia, per sempre».

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E per il domani? Quali speranze per ciò che potrà essere? Le tre donne si congedano manifestando il profondo desiderio di tornare a una vita che è stata loro ingiustamente rubata, in Ucraina, pur senza celare una grande paura per il futuro.

Si dovrà ricostruire un Paese colpito nel profondo e che probabilmente non potrà concedere il perdono a chi, come in una sorta di rewind della Storia, ha reso nuovamente possibile un dolore umano senza paragoni.

Giorgia Becchis

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