Il vicesindaco di Carmagnola, Alessandro Cammarata, è stato protagonista a Roma dell’evento “Amministratori sotto tiro” organizzato da Avviso Pubblico, parlando delle vicende cittadine e portando la sua esperienza personale: «hanno provato a intimidirmi ma non ci sono riusciti».

La storia del vicesindaco di Carmagnola, Alessandro Cammarata, è entrata a far parte del 15esimo rapporto nazionale “Amministratori sotto tiro”, realizzato da Avviso Pubblico e presentato ufficialmente nei giorni scorsi nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, a Roma.
Cammarata, ospite dell’evento, ha raccontato la propria vicenda personale -con due vetture date alle fiamme e diversi anni vissuti sotto scorta– inquadrandola nel più ampio scenario di presenza malavitosa, oggetto della recente sentenza della Corte di Cassazione al termine del processo “Carminius”.
Il rapporto di Avviso Pubblico 2025
Nel rapporto di Avviso Pubblico presentato a Roma, il vicesindaco ricostruisce il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata che tentava di infiltrarsi nel tessuto socio-economico carmagnolese, anche attraverso la Politica locale.
Parla anche dei due incendi sospetti che distruggono le sue auto nel giro di undici mesi. Dopo il secondo rogo, le indagini confermano la presenza di un innesco: «Credere nella casualità è stato quasi impossibile», scrive Cammarata, che da quel momento avvia una collaborazione con Magistratura e Forze dell’ordine.
Racconta di minacce, lettere anonime e atti intimidatori: «lotta al gioco d’azzardo illecito, appalti pubblici trasparenti e tutela dell’immagine della città sono stati i pilastri dell’azione politica mia e di tutta l’Amministrazione», rivendica.
La sentenza della Cassazione: “la ‘ndrangheta a Carmagnola dal 1991”
La sentenza definitiva del processo “Carminius” -emessa dalla Corte di Cassazione con una motivazione di 52 pagine che conferma in gran parte le condanne già emesse in Appello– ha certificato la presenza di una locale ‘ndranghetista operante a Carmagnola “almeno fin dal 1991“.
La Suprema Corte parla apertamente di modalità intimidatorie, imposizioni nel settore edilizio e riconoscimento pubblico della capacità di controllo del territorio da parte del gruppo mafioso: un impatto così pervasivo da “concorrere, e talvolta sostituirsi, alle funzioni di autorità pubbliche”,
«Chi voleva non è riuscito ad intimidirmi, come non è riuscito a intimidire la nostra Amministrazione -conclude Cammarata- Nelle carte del processo è stato dimostrato che la nostra città ora è salva, ma è stata a un passo dalla presa delle mafie».
E aggiunge: «Ora è necessario riflettere, seriamente: tutti i cittadini onesti devono prendere posizione per combattere quella zona grigia in cui si fanno affari con queste persone, si cerca appoggio, si fa finta di nulla o, peggio, si diventa conniventi con dei comportamenti omertosi. È questo quello che dobbiamo fare, tutti, insieme, per non essere ostaggio delle organizzazioni criminali».













































