Mahle: aria di crisi per le fabbriche piemontesi

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Annunciata la chiusura (con 453 licenziamenti) degli stabilimenti Mahle di La Loggia e Saluzzo. I sindacati pronti alla trattativa.

Mahle La Loggia foto Google Street View
La sede dello stabilimento Mahle a La Loggia

Forte aria di crisi per la Mahle Componenti Motori, importante azienda nel settore della componentistica per automobili diesel, che oggi ha stabilimenti in Piemonte a La Loggia e Saluzzo.

La proprietà aziendale -con sede in Germania- ha annunciato la chiusura delle due fabbriche per inizio 2020, avviando lo scorso 24 ottobre la procedura di licenziamento collettivo per 453 dipendenti, di cui 244 nella sede di La Loggia, con tutte le drammatiche conseguenze del caso.

L’azienda ci ha fatto sapere che le sedi piemontesi vanno chiuse in quanto non più competitive e perché il prodotto non avrebbe più mercato o, comunque, i margini di guadagno non sarebbero più soddisfacentispiega il sindacalista Igor Albera, funzionario Film-Cisl che sta seguendo da vicino la questione- La produzione potrebbe essere trasferita in Polonia, dove verranno saturate tutte le linee di produzione. A cascata, passeranno sugli stabilimenti di Turchia, Germania e Spagna“.

Mahle è in crisi da alcuni anni, in particolare dopo la contrazione di mercato per le automobili diesel seguita agli scandali mondiali di alcuni anni fa. A pesare, anche, il mancato rinnovo di alcuni accordi commerciali con il gruppo Fca.
Si legge in una nota dell’azienda: “Vi è una sempre più difficile situazione di mercato a livello globale, che sta conducendo ad un ulteriore declino negli ordinativi, dopo che per oltre un decennio i due siti hanno sofferto di una continua contrazione delle vendite e della conseguente situazione economica negativa. Ci si attende purtroppo che questa situazione deteriori ulteriormente a causa della mutata direzione strategica delle case automobilistiche europee“.

Giovedì, 31 ottobre, è in calendario un primo incontro a Torino, nella sede dell’Unione Industriale, e si spera che possa essere avviata una trattativa.
Da parte sindacale abbiamo dichiarato disponibilità a discutere di più soluzioni ma escludendo la chiusura degli stabilimenti -aggiunge Albera- Applicando la stessa logica proposta da Mahle, infatti, sarebbero a rischio gran parte delle aziende manifatturiere italiane. Serve responsabilità sociale anche da parte delle imprese, in un momento storico difficile e di transizione: abbandonare il campo, scaricando sui lavoratori il peso delle difficoltà derivanti da scelte politico-industriali eseguite a livello internazionale, non è accettabile“.