Intervista a Floriana Porta, artista a tutto tondo che, tra haiku e acquerelli, ha dato vita a “Vinovo in Poesia”.
L’artista vinovese Floriana Porta -ideatrice dell’evento “Sul filo della poesia“- ha raccontato a “Il Carmagnolese” il suo rapporto con la parola e con l’arte.
Poetessa e anche pittrice, quando ha iniziato ad avvertire il bisogno di esprimersi attraverso l’arte?
Potrei dire che la pittura ce l’ho nel Dna, perché mio padre era un designer e io ho cominciato a disegnare fin da piccolissima, tentando di copiarlo. Inizialmente mi sono appassionata al disegno di moda, ma poi faticavo a seguire delle strutture così rigide e ho abbandonato. Quello che mi è rimasto di quel periodo è la passione per la figura femminile, che ritengo la massima espressione della bellezza pura e senza eguali.
Per quanto riguarda la poesia, invece?
Ho scritto la mia prima poesia quando è mancato mio nonno paterno, dovevo avere circa sette o otto anni. Ricordo che cercavo con tutta me stessa di cancellare quell’evento, invece, grazie alla scrittura, sono riuscita a elaborare ciò che era successo e a esprimere quello che avevo dentro. Ho sempre avuto una predilezione per le poesie brevi e durante l’adolescenza mi sono interessata agli haiku.
Che cos’è un haiku e perché è la sua forma poetica prediletta?
L’haiku è un componimento poetico nato in Giappone; è composto da tre versi e ha una struttura molto rigida. È come una fotografia fatta di parole, viene utilizzato per catturare e cogliere l’essenza di un attimo, che è unico e non si ripeterà mai più uguale. Il fatto di avvicinarmi alla cultura giapponese ha anche influenzato la mia produzione di acquerelli: l’immagine che preferisco dipingere è quella della geisha, non come figura storica ma come forma estetica.
Qual è la parte più difficile della sua attività?
L’arte richiede un impegno costante e quotidiano, io, per esempio, dipingo almeno dieci acquerelli al giorno. Produrre opere costa fatica, ma si tratta di una fatica buona, di quelle che ti ripagano e che ti fanno venire voglia di alzarti dal letto la mattina. A parte ovviamente la mia famiglia -mi piace sempre dire che mio figlio è la mia poesia migliore- penso che siano le opere che creo ciò che mi rende maggiormente soddisfatta di me stessa. Produco arte costantemente, anche se quasi tutte le cose che creo non verranno viste da nessuno. Il mio è un bisogno, un bisogno di creare bellezza o almeno tentare di farlo.
Spesso ha lavorato insieme ad altri scrittori o pittori: quanto è importante che gli artisti collaborino tra loro per diffondere la bellezza nel mondo?
Fare rete è molto importante per gli artisti. Noi esseri umani siamo legati e ogni nostra azione è indissolubilmente connessa con quelle degli altri. Amo mostrare al pubblico le mie opere in combinazione con quelle di altri artisti, in modo che vengano arricchite tramite il contatto con il diverso. Una cosa che mi piacerebbe sperimentare e che fino a questo momento non ho mai fatto è collaborare con uno scultore.
Che rapporto ha con la città in cui vive, Vinovo?
Io sono di origini astigiane e mi sento molto legata al mondo contadino. Ho vissuto parecchi anni a Torino, in un condominio, ma non mi trovavo bene e sono scappata. Quando mi sono trasferita qui a Vinovo, in una casa con un piccolo giardino, mi è sembrato di tornare a respirare. Poco dopo il trasloco ho dato vita a “Vinovo in poesia”, un modo per condividere questa mia passione per l’arte con gli altri cittadini. Abbiamo organizzato vari incontri, in un clima leggero e conviviale, perché la poesia è soprattutto leggerezza.