Dopo il tavolo in Regione, che non è stato risolutivo, gli operai dell’ex Ilva di Racconigi sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda per manifestare contro la possibile chiusura delle attività produttive. Da questa settimana il 92% dei lavoratori è infatti in cassa integrazione.

La preoccupazione per l’ex Ilva di Racconigi (oggi Acciaierie d’Italia) è sempre più alta: a partire da questa settimana è infatti iniziata la cassa integrazione per il 92% dei lavoratori.
Una misura che di fatto corrisponde al fermo pressoché totale delle attività produttive dello stabilimento, dato che sono 78 su 87 i dipendenti ora coinvolti dagli ammortizzatori sociali.
«Non si può pensare di vivere con stipendi bassissimi e con zero ore di lavoro -dichiarano gli operai davanti ai cancelli dello stabilimento- Per questo abbiamo iniziato un presidio a oltranza».
Non ha dato frutti, per ora, neppure l’incontro in Regione di fine ottobre, dove la FIOM-CGIL aveva chiesto garanzie sulle integrazioni salariali ai dipendenti in cassa a zero ore.
«Il Piemonte non resterà spettatore -hanno dichiarato in una nota il presidente Alberto Cirio, la vicepresidente e assessora al lavoro Elena Chiorino e l’assessore alle infrastrutture Enrico Bussalino- Faremo tutto ciò che è nelle nostre competenze per difendere i posti di lavoro e il futuro industriale del nostro territorio».
Parole che non hanno rasserenato i rappresentanti sindacali, che da ieri sono pertanto riuniti in un’assemblea permanente, in attesa del tavolo ministeriale fissato per l’11 novembre: «La situazione è ormai insostenibile», dichiarano.
Alessio Bubba, lavoratore dell’azienda e delegato FIOM-CGIL, si dice molto preoccupato per la situazione e non vede molti spiragli di possibilità: «L’incontro in Regione non è stato risolutivo e, nel frattempo, le persone in cassa integrazione, a partire da lunedì 3 novembre, sono salite da 50 a 78».
Gli fa eco Domenico Calabrese, segretario provinciale FIOM CGIL: «In Regione abbiamo chiesto risposte sulle integrazioni salariali, ma al momento non abbiamo nulla. L’unica comunicazione ricevuta è dall’azienda, che ci ha detto chiaramente che lo stabilimento è fermo: il 92% della forza lavoro in cassa integrazione significa infatti la sospensione totale delle attività produttive».
Entrambi i sindacalisti confermano la continuazione del dialogo con l’Amministrazione di Racconigi, ma evidenziano la mancanza scelte precise: «Con il sindaco Oderda abbiamo parlato molte volte. Ha promosso diverse ipotesi, anche alternative. Da parte nostra, come sindacato, restiamo però fermi sull’idea di mantenere l’Ilva unita attraverso l’intervento pubblico».
















































