Casa Aylan, una famiglia comunità a Piobesi

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Casa Aylan a Piobesi sta per compiere un anno: Federico e Alice raccontano com’è nato il progetto e la loro esperienza di famiglia-comunità.

Casa Aylan Piobesi
La famiglia di Casa Aylan a Piobesi.

Il prossimo 17 dicembre sarà l’anniversario di Casa Aylan a Piobesi: è infatti un anno che Federico e Alice si sono trasferiti nel paese per dare inizio a questo nuovo progetto di famiglia-comunità.

Federico e Alice sono marito e moglie, sposati da sedici anni: lui, 43 anni, medico; lei, 42 anni, gestisce due case per ferie in Val di Susa con una cooperativa legata ad Azione Cattolica e inoltre dipinge icone sacre, avendo alle spalle una formazione presso l’Accademia di Belle Arti. Vivono a Piobesi con tre ragazzi in affido: Amr, Alex e Zeyad. 

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Com’è nata l’idea del progetto Casa Aylan?
L’episodio scatenante è avvenuto nell’estate del 2015, quando c’è stato il grosso problema migratorio dei morti in mare e ci siamo chiesti se potevamo fare qualcosa; nel settembre dello stesso anno è morto il piccolo Aylan e la sua immagine sulle spiagge della Turchia aveva generato l’appello del vescovo di Torino e del Papa, secondo cui le morti in mare dovevano finire e di donare lo spazio che si aveva. Noi al tempo abitavamo a Collegno e, non avendo avuto figli nostri, avevamo disponibilità in casa nostra: ci è venuto automatico offrirli per accogliere qualcuno e abbiamo fatto questa proposta all’Ufficio Pastorale Migranti della Diocesi di Torino. Noi siamo credenti, cresciuti e anche protagonisti di ambienti dove la scelta cristiana e di servizio sono cose importanti, e allora abbiamo pensato a questa opportunità. In più, il tema delle migrazioni ci tocca particolarmente: io [Federico], ad esempio, come medico ho lavorato con l’ONG Rainbow for Africa per l’aiuto ai migranti in Val Susa che cercano di arrivare in Francia attraverso Claviere, Bardonecchia.
Noi pensavamo di accogliere un adulto straniero per un breve periodo ma l’Ufficio Migranti ci ha proposto di dare ospitalità ad un minore straniero non accompagnato: è così arrivato da noi Igli, un ragazzo albanese in difficoltà che si trovava a Torino già da tempo ma che aveva bisogno di un posto sicuro dove stare
Sia per noi che per Igli è stata una scommessa: tutte le relazioni sono a doppia strada e ci siamo affidati a vicenda. Igli si è fatto guidare e si è rasserenato e per noi è iniziata così l’avventura da “genitori affidatari”… Noi più che genitori ci reputiamo amici, fratelli maggiori, zii, anche perché in molti casi i minori stranieri non accompagnati hanno ancora uno dei due genitori o entrambi da qualche parte e riescono a sentirli. 

Com’è proseguita l’esperienza con Igli?
Igli è stato con noi a Collegno: è stata un’esperienza sicuramente particolare, con difficoltà e con fiducia reciproca, ma soprattutto l’ha portato all’autonomia. Siamo orgogliosi di questo e a chi ci ha chiesto di raccontare la nostra esperienza, per curiosità o per diventare genitore affidatario, l’obiettivo deve essere un accompagnamento all’indipendenza. Igli ha finito un corso di studi anche se breve, ha trovato un lavoro e ha preso la patente; si è comprato una macchina ed è anche riuscito ad iniziare a pagarsi una casa, e quindi ad andare a vivere da solo.
Questa storia positiva ci ha spinto ad essere disponibili per una nuova accoglienza: a quel punto l’Ufficio Migranti con la cooperativa Terremondo e ad ASAI, due realtà con cui ora portiamo avanti Casa Aylan, hanno costruito con noi il progetto di una famiglia comunità, ovvero più affidi insieme di minori stranieri non accompagnati.

Dopo Igli sono arrivati altri ragazzi…
Mentre eravamo ancora a Collegno è arrivato Amr, un ragazzo egiziano che è in Italia da quando ha 12 anni. Con lui ci siamo spostati a Piobesi ed eravamo pronti ad accogliere nuovi affidi, che infatti sono arrivati: Alex, albanese, e Zeyad, egiziano. La vera esperienza di famiglia comunità l’abbiamo sperimentata durante il lockdown. Avendo spazio, da inizio ottobre vive con noi un ragazzo di 30 anni della Costa d’Avorio, che lavora in un vivaio a Piobesi e cercava ospitalità temporanea. 

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Come siete arrivati a Piobesi? Non è né un paese grande, né vicino a Collegno…
Per questo dobbiamo ringraziare Sergio Durando, un piobesino che è direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti di Torino. Lui ci è stato molto vicino: anche se all’inizio ci conoscevamo poco ora è parte della famiglia. Noi avevamo iniziato a cercare strutture per la famiglia comunità attraverso la diocesi e la parrocchia dove eravamo e grazie alla cooperativa Terremondo, ma c’era sempre qualcosa che non andava: la casa doveva essere abbastanza grande per accogliere persone diverse e garantire la privacy di tutti. Sergio è stato l’anello di congiunzione tra noi e Piobesi: Antonio Ghione [vicesindaco di Piobesi] era andato da lui perché con i suoi fratelli voleva dare un nuovo significato, anche di accoglienza, alla casa dove aveva abitato da bambino; l’edificio era però particolare, perché lo spazio adiacente faceva parte del ristorante di famiglia. In quel momento a Sergio siamo venuti in mente noi: è stato un colpo di fulmine, per il giardino, gli spazi, la posizione all’interno di Piobesi e lo stesso paese. La casa può ospitare fino a sei ragazzi e il 17 dicembre 2019 abbiamo fatto il trasloco.
Sistemare l’immobile ha comportato delle spese: la cooperativa Terremondo, oltre alle proprie risorse, ha trovato aiuto nella fondazione DeAgostini, con cui c’era stato un passaggio di cono
scenza con la fondazione, definizione e condivisione del progetto prima di arrivare a Piobesi: ciò ha permesso l’arrivo di fondi. Abbiamo un educatore, Mauro, che ci sostiene: è un aiuto importante. Si tratta di un’impresa che richiede aiuti e risorse, anche volontari: Terremondo ha sostenuto costi notevoli, motivo per cui sul sito di Casa Aylan c’è la possibilità di sostenere il progetto. Il loro mandato è quello di fare animazione interculturale e sostenere lo scambio attraverso attività educative, anche per stranieri.
Inoltre, un aiuto economico proviene dagli affidi stessi: per ogni minore riceviamo un contributo che ci aiuta a coprire spese come il cibo, i vestiti, le cure mediche dei ragazzi. 

E come gestite la vita all’interno di Casa Aylan?
Noi passiamo molto tempo a fare giochi di società, perlopiù neutri in cui non è prevista la conoscenza di una lingua particolare: è una cosa che a noi due appassionava e che interessa anche ai ragazzi. Un altro momento importante di condivisione è la visione di un film insieme. Nel quotidiano poi ognuno ha un proprio compito in casa: durante il lockdown ci siamo accorti che l’esperienza dello scoutismo ci ha aiutato molto, ci ha permesso di inventarci attività manuali e di organizzare bene il nostro tempo. 

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Come vi siete ambientati a Piobesi? Avete progetti per il futuro?
I due ragazzi più piccoli sono entrati a far parte del gruppo animatori dell’oratorio; in generale se ci sono iniziative noi li stimoliamo a partecipare e a mettersi in gioco. La nostra idea, poi, è di invitare a Casa Aylan delle persone, anche se la situazione attuale non lo permette: c’è un grosso salone che fa parte dell’ex ristorante che vorremmo usare per incontri… Avevamo pensato a tematiche legate all’accoglienza, agli affidi, agli esseri umani in generale perché è il nostro “filone”, ma ci piacerebbe che questo diventasse un luogo di passaggio e condivisione. Abbiamo ospitato gruppi scout ma vorremmo che fosse uno spazio per tutti: vediamo cosa il 2021 ci permetterà di fare, abbiamo molte idee. I ragazzi hanno anche frequentato l’estate ragazzi negli scorsi mesi e hanno potuto fare così diversi incontri.

È possibile sostenere Casa Aylan e la cooperativa Terremondo visitando il sito del progetto: si può dedicare il proprio tempo, dare un contributo per l’installazione di un impianto fotovoltaico, per l’accessibilità al luogo per i disabili o per migliorare il salone; si può anche fare una donazione per le varie attività dei ragazzi.

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