Carmagnola fa richiesta di un’onorificenza al Valor Civile

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Inoltrata agli organi competenti una richiesta di onorificenza al Valor Civile per la Città di Carmagnola, quale riconoscimento dei sacrifici patiti dalla popolazione durante la guerra.

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Carmagnola ha fatto richiesta di un’onorificenza al Valor Civile

La Giunta comunale ha approvato la richiesta di un’onorificienza al Valor Civile per la Città di Carmagnola, per quanto sofferto negli anni della seconda guerra mondiale.

La richiesta è stata indirizzata agli organi competenti, per il tramite della Prefettura. “La richiesta è un atto di riconoscimento dei sacrifici patiti dalla popolazione durante la guerra“, commentano dall’Amministrazione.

Per la cittadinanza carmagnolese, ancora oggi restano fortemente significativi e impressi nella memoria collettiva alcuni episodi e figure riconducibili al secondo conflitto mondiale -si legge nell’introduzione del testo allegato alla richiesta- In particolare l’incendio del Borgo Salsasio, del luglio 1944; la fucilazione di 4 partigiani presso il Foro Boario nel febbraio del 1945 e la figura del Capitano Ferruccio Valobra rappresentano ancora oggi eventi e persone nei quali si fonda la memoria della città e in cui i cittadini riconoscono un’appartenenza e un’origine del proprio senso di comunità“.

Aggiungono dal Comune: “Carmagnola, a differenza di numerosi altri comuni della vicina provincia di Cuneo, non fu teatro di scontri particolarmente cruenti della lotta partigiana. La stessa lotta partigiana attecchì in queste campagne in modo meno profondo. Tuttavia la città fu teatro di alcuni scontri e di alcuni episodi che ne segnarono la storia“.

ANPI Carmagnola, un 25 aprile online e a domicilio

Di seguito si riprendono alcuni brani tratti dal volume “Carmagnola nella guerra e nella resistenza”, edito dal Centro Studi Carmagnolesi, che ricostruiscono gli eventi di cui sopra e che sono stati allegati alla richiesta di onorificenza al Valor Civile.

L’incendio di Borgo Salsasio

Il 25 luglio 1944 verso le 7,00 al bivio presso Salsasio, fra le strade per Carignano e Villastellone, una pattuglia di ribelli si imbatte in un camion di tedeschi e repubblicani; la violenta sparatoria che ne consegue dura fin verso le 9,00. Nella deliberazione sui soccorsi ai sinistrati, il Podestà Felice Bertoldo, parla di sette morti ed alcuni feriti; nella nota informativa inviata il 27/7 al Capo della Provincia menzione tre tedeschi e due repubblichini morti, un tedesco e tre repubblichini feriti; uno di questi ultimi muore in ospedale alle 14.
Nella mattinata giunge da Torino il segretario del partito fascista e ministro Alessandro Pavolini, accompagnato dal federale Dongo, per decidere insieme al locale comando tedesco le contromisure da adottare. Inizialmente pare siano intenzionati a rastrellare un buon numero di ostaggi nel borgo, fucilarne alcuni di fronte alla popolazione e deportarne altri in Germania, essendo convinti che gli autori dell’attacco siano di Salsasio. La cosa però non risulta fattibile in quanto gli uomini del borgo si sono resi irreperibili. Soltanto tre abitanti di Salsasio vengono presi in ostaggio, Battista Gianti e Guglielmo e Giovanni Marengo, ma subito interviene coraggiosamente il parroco don Giovanni Bella che scongiurando e offrendo la propria vita riesce a farli liberare. Allora Pavolini decreta l’incendio immediato di Salsasio. Vorrebbe che la rappresaglia fosse estesa anche a tutta Carmagnola ma la mediazione del podestà e del comandante del presidio tedesco riescono a farlo desistere, limitando la rappresaglia al solo Borgo Salsasio di cui vengono incendiati tutti gli edifici ad eccezione della chiesa, dell’asilo e delle scuole.
Alle ore 13 circa inizia il rogo. La prima casa ad essere incendiata è casa Oglino, davanti alla quale i partigiani hanno dato il via al conflitto a fuoco. Subito dopo tocca a casa Sardo, all’altro capo del borgo.
Ottenutasi dal Comando tedesco l’autorizzazione a spegnere l’incendio (Bertoldo accampa per ottenerlo il motivo che le fiamme potrebbero dare punti di riferimento
all’aviazione anglo americana), intervengono i pompieri di Carignano e vengono messe a disposizione le pompe antincendio comunali, con personale. Interviene anche la popolazione in massa. Vanno perdute circa 200 abitazioni con tutte le masserizie, gli attrezzi e le scorte in parte forse asportate dai militari tedeschi e repubblichini durante l’appiccamento dell’incendio. Il Podestà stima i danni in un centinaio di milioni di lire dell’epoca. Il Podestà dispone l’occupazione provvisoria di scuole ed asili ed apre una sottoscrizione a favore dei sinistrati che raccoglierà 622.000 Lire. Viene istituito inoltre un Comitato comunale di assistenza.
Si allegano, per completezza, estratti di documenti conservati nell’archivio storico del Comune di Carmagnola
L’evento dell’incendio di Borgo Salsasio è particolarmente sentito dalla popolazione residente tant’è vero che il 25 luglio di ogni anno viene proposto un momento commemorativo e che in occasione del 25 aprile si dedica un momento a ricordo della rappresaglia.

La fucilazione dei 4 martiri

Sul finire del 1944 l’attività partigiana si intensificò nel carmagnolese. Sabato 3 febbraio 1945, poco prima delle 19, una camionetta di militari tedeschi transita sulla strada per Racconigi. Alcuni colpi di arma da fuoco sparati da ignoti partigiani la investono. Il caporalmaggiore Friedrich Willy viene ferito e trasportato all’ospedale San Lorenzo di Carmagnola, dove muore poco dopo. La reazione dei tedeschi non si fa attendere. Il giorno seguente prelevano 30 ostaggi a Caramagna, diciannove dei quali vengono portati a Carmagnola. Il mattino dopo. Lunedì 5 febbraio, si sparge la voce che quattro degli ostaggi stiano per essere fucilati. La popolazione accorre in piazza del Foro Boario dove sono stati trasferiti i prigionieri. Ma sulla piazza arriva una camionetta di tedeschi con a bordo quattro prigionieri provenienti dalle Carceri Nuove di Torino. Si tratta di partigiani ma estranei ai fatti di Carmagnola: Giovanni Ainardi, di Mattie; Paolo Bozzetti, di Scandiano, Aldo Codazzi di Paderno Ossolaro e Carlo Rusconi di Torino. I prigiornieri vennero condotti al muro e fucilati. I loro corpi vennero lasciati lì fino al pomeriggio, come monito per la popolazione.
Ai quattro giovani è stata intitolata una delle piazze principali di Carmagnola, piazza IV Martiri.

Il capitano Ferruccio Valobra

Nato a Torino il 12/4/1889, il capitano Ferruccio Valobra fu figura di spicco della resistenza carmagnolese. Sfollato da Torino subito dopo l’inizio della guerra, a causa della sua fede israelitica, Valobra che era capitano di complemento degli Alpini era stato privato dei gradi da ufficiale e costretto ad abbandonare l’esercito. Boicottato anche nel lavoro, da civile e perseguitato dalle leggi razziali era venuto a rifugiarsi a Carmagnola, trovando ospitalità presso amici prima in frazione Motta e poi a San Bernardo. Quì dopo l’8 settembre 1943 aveva iniziato l’attività partigiana. Era diventato uno dei pricipali
organizzatori della lotta clandestina nella zona con il nome di battaglia di Capitano Rossi.
Il 9 settembre 1944 un gruppo di brigatisti circonda armi alla mano la sua abitazione a San Bernardo. “Era poco dopo mezzogiorno, sentiamo bussare alla porta, vado ad aprire. Irrompono in casa cinque o sei uomini della Ather Capelli e fuori ce ne sono altri insieme ai tedeschi, che hanno circondato l’isolato e piazzato mitragliatrici in corrispondenza di ogni possibile via di fuga. Mio marito, che stava in un’altra stanza, tenta di salvarsi saltando dalla finestra ma la fuga è impossibile, Gli sparano un colpo e la pallottola si conficca nel muro, poi lo afferrano e lo trascinano via senza dargli il tempo di salutarci”. (Testimonianza di Silvia Tranquillini, moglie di Valobra). Valobra viene portato nella caserma di via Asti dove subisce torture per 10 giorni. Sommariamente processato nella notte tra il 21 e il 22 aprile 1944 dal tribunale Co.Gu. (Contro Guerriglia) di Torino, viene condannato alla pena di morte. All’alba i militari della GNR lo conducono al Poligono Nazionale del Martinetto e lo fucilano alla schiena assieme ad altri sei partigiani.