CAI e Pro Natura di Carmagnola scalano il Buco di Viso con Sergio Beccio

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Si è svolta un’interessante serata, promossa dalle sezioni carmagnolesi di CAI e Pro Natura, dedicata al Buco di Viso, con la presenza dell’autore Sergio Beccio.

buco di viso
Sergio Beccio, a destra, con Tommaso Valinotti nella serata di presentazione del libro “Buco di Viso” in biblioteca

Interessante serata alpina e naturalistica -promossa da CAI e Pro Natura di Carmagnola– nella sala Solavaggione della biblioteca civica “Rayneri-Berti”, dove è stato presentato il libro “Il Buco di Viso – Per orizzonte le Alpi, per confine il cielo” alla presenza dell’autore Sergio Beccio.

Si tratta di un volume di 120 pagine, pubblicato da Fusta Editore e riccamente illustrato, che non solo racconta la storia di questo primo traforo alpino, scavato con pala e piccone sul finire del XV secolo, ma anche il significato avuto dal Buco di Viso in questi cinque secoli: dal poter accedere ai mercati della Francia (della Provenza in particolare) sino a diventare un’attrazione turistica a partire dalla metà del XIX secolo, quando i versanti del Viso divennero non solo cerniera fra due popoli (che parlavano la stessa lingua, l’occitano) ma anche stimolo verso un turismo che stava nascendo proprio in quell’epoca.

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Sergio Beccio da Paesana -studioso dei fiumi, dei monti e della gente delle vallate occitane- ha ripercorso attraverso numerose slide le pagine del libro, soffermandosi in modo particolare sui momenti storici e sui personaggi che hanno decretato l’importanza del Buco nei secoli, a partire dal marchese Ludovico II di Saluzzo, che intuì il suo valore socio-economico e lo volle fortemente.

Si è quindi soffermato sul XX secolo, quando il Buco di Viso fu riaperto con una grande festa che nel 1907 unì gli occitani di Italia e Francia, per arrivare alla cerimonia di inaugurazione dopo la messa in sicurezza del 2014.

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Beccio ha inoltre voluto rimarcare l’importanza anche odierna del Buco di Viso, non più fatta di contrabbando di sale e commercio di merci, né di passaggi di genti in armi, ma focus di attrazione per un turismo naturale ed ecologico.

Senza dimenticare il messaggio che un traforo come quello deve trasmettere fatto di pace e unione dei popoli. Che in fondo parlano tutti la stessa lingua.

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